In questa pagina troverete alcuni articoli che abbiamo scritto e pubblicato in siti web e riviste riguardanti la psicologia, l'importanza della psicoterapia ed argomenti ad essi correlati. Un modo per contribuire alla diffusione di conoscenze e sviluppare curiosità.
Seleziona gli articoli per anno di pubblicazione
Seleziona gli articoli per autore
-
Miniguida alla costruzione dell'autostima nell'infanzia
8 maggio 2017 - www.mediare.it
Nella nostra esperienza sicuramente abbiamo avuto modo di osservare bambini spigliati, impavidi, che si gettano con entusiasmo nelle novità, ed altri restii, timorosi, preoccupati o, purtroppo, anche arresi. Forse abbiamo cercato di incoraggiare i piccoli che restano indietro, che rimangono immobili sul trampolino senza tuffarsi, che si rifiutano di leggere ad alta voce di fronte alla classe o, forse, quando con le “buone” non funzionava, siamo passati al rimprovero, alle punizioni o persino alla costrizione. Capricci, scatti di rabbia, ritiro, passività, spesso sono strategie attraverso cui il bambino tenta di rimandare o evitare una circostanza che percepisce ingestibile e ansiogena. Se potessimo ascoltare i pensieri soggiacenti a questi comportamenti potremmo sentire qualcosa simile a: ”non ce la farò”, “fallirò”, “mi prenderanno in giro”, “non sarò all’altezza”.
Imparare a credere in sé, a fidarsi delle proprie capacità e a superare i fallimenti sono competenze emotive legate al senso di sicurezza personale e all’autostima e fanno parte del bagaglio educativo dell’infanzia e dell’adolescenza. Vediamo quindi come, in qualità di genitori o educatori possiamo favorire queste “abilità psicologiche” e capire quali sono invece le modalità disfunzionali che generano svalutazione, autocritica e preoccupazione.
Al contrario di ciò che si ritiene comunemente, l’autostima non deriva dagli elogi e dai complimenti (anche se meritati) che diamo dall’esterno, ma dalle esperienze che il bambino vive ed in cui può sentirsi capace, efficace e accettato:
- Quando impara a fare cose da solo e può sentirsi orgoglioso di ciò che ha fatto (ad es. controllo sfinterico, allacciarsi le scarpe) si sente capace
- Quando può verificare i risultati che ottiene a seguito dei suoi sforzi, del suo impego nel perseguire un obiettivo e nel fare progressi in un’attività (ad es. imparare a scrivere, a cucinare qualcosa), si sente efficace.
- Quando si sente visto e compreso nella sua natura, per ciò che è, dai genitori e dalle altre figure di riferimento (insegnanti, parenti, allenatori), il bambino può sperimentare cosa vuol dire essere accettato e così impara a vedersi, comprendersi e accogliersi.
- Affiancando il bambino mentre acquisisce nuove competenze, non sostituendosi a lui ma stimolandolo a compiere passi graduali, né troppo facili né troppo complessi, verso il raggiungimento del nuovo apprendimento (ad es. imparare a mangiare autonomamente, ad andare in bicicletta); essere con lui nei suoi tentativi e lasciare anche che faccia degli errori, errori che noi adulti riteniamo sopportabili, non catastrofici ma utili per imparare ad aggiustare il tiro (ad es: se il bambino si sporca mentre porta il cucchiaio alla bocca è importante lasciargli fare alcuni tentativi, in questo modo può capire come modificare l’inclinazione del braccio per raggiungere la bocca). È così che favoriamo il radicamento del senso di autostima: il bambino constata autonomamente che impegnandosi sa raggiungere risultati.
- Essendo di esempio quando ci impegniamo nei compiti quotidiani (nelle pulizie domestiche, nel riparare la lavatrice, nell’attività lavorativa) mostriamo al bambino la modalità attraverso cui affrontare le nuove sfide: Ci auto critichiamo? Ci lamentiamo? Siamo capaci di autosostenerci? Sappiamo gioire dei nostri successi? Come ci comportiamo di fronte al fallimento.
- Anche il livello di cooperazione e mutuo sostegno che un figlio può osservare tra i genitori di fronte ad un ostacolo, gli fornisce uno schema relazionale da interiorizzare e far proprio in riferimento alla fiducia in sé e nell’altro.
- Bandendo la critica perché il bambino impara a trattarsi nel modo in cui viene trattato dalle figure di riferimento: quando assorbe messaggi negativi, acquisisce una visione negativa di sé e si comporterà di conseguenza. In alcun modo la critica può motivare al miglioramento né accresce l’autostima di un essere umano che sta crescendo.
- Lodando il bambino per mostrargli che siamo orgogliosi di lui, tenendo però presente alcune accortezze:
- Evitare lodi eccessive che risultano non autentiche. Ad esempio dire a un bambino che ha giocato una grande partita quando lui sa che non è così, crea nella sua mente confusione e diffidenza. Ha più senso dire “Sono orgoglioso che non ti sei arreso anche se oggi è stata una giornata difficile."
- Focus sull’impegno e sui progressi non sui risultati per motivare il bambino a tentare, ad avere fiducia nelle sua capacità di saper fronteggiare una nuova sfida e a capire quale risorse interne mobilitare per raggiungere gli obiettivi. In questo modo può aumentare le sue possibilità di sperimentarsi e di trarre gratificazione da ciò che fa.
- Focalizzando i complimenti sui voti, su alcune qualità o ruoli fissi, generiamo l’idea che il bambino deve soddisfare quell’aspettativa e questo può sembrare così difficile e faticoso per il bambino, da generare i comportamenti di evitamento di cui parlavamo precedentemente, aumentare i livelli di ansia e abbassare il senso di autoefficacia.
Psicoterapeuta individuale e di coppia -
Costruire e mantenere il legame di coppia. Le fasi evolutive che le coppie durature attraversano.
20 maggio 2015 - pubblicato sul web
Ti è capitato di osservare dei cambiamenti nel rapporto con il tuo partner? Hai notato differenze rispetto ai primi tempi? Spesso ci si interroga su come nasce una relazione di coppia, come cambi il rapporto nel tempo e come si mantengono i legami negli anni. Infatti i primi periodi di in genere sono pieni di eccitazione e sensazioni forti. Poi le cose cambiano... non necessariamente in negativo!
Di fatto ogni relazione che si prolunghi nel tempo attraversa delle fasi evolutive che portano a consolidare il rapporto, se il desiderio è quello di una relazione duratura. Talvolta la coppia resta ferma in una di esse e questo può portare difficoltà e sofferenza. Uno dei due potrebbe sentirsi fermo o a disagio, indice che nel legame c’è qualcosa che non va. Attraversandole tutte la relazione può restare stabile nel tempo . Ma conosciamole più da vicino, per capire cosa comporta ciascuna di esse.
Le quattro fasi del rapporto di coppia hanno ciascuna una funzione ed hanno lo scopo di scegliere la persona giusta e mantenere il legame equilibrato e stabile nel tempo. L ’andamento di queste tappe è un fattore che condiziona il successo della relazione ed il benessere tuo e del tuo partner.
Prima fase: il corteggiamento
Questa è la classica fase del primo approccio. Immaginiamo di per esempio di seguire la storia di Giulia e Marco. Sono ad una festa e non si conoscono. Marco nota Giulia, si avvicina e inizia a rivolgerle domane, si siede accanto a lei mentre parlano, assume una posizione del copro inclinato in avanti, manifesta apertura e tra una discorso e l’altro inizia casualmente a sfiorare un braccio, un ginocchio, Giulia sorride, incrocia il suo sguardo, si accarezza i capelli e alza la tonalità della a voce. Giulia e Marco hanno iniziato una vera e propria danza dove si stanno scambiando segnali postivi che dicono “ok possiamo continuare a conoscerci”. Qualora uno dei due decidesse di cambiare strada, basterebbe poco per farlo: guardare altrove o cambiare posizione. Entrambi hanno piacere nel mantenersi vicini, apparire piacevoli, mentre si impegnano per dare la migliore immagine di sé. Se la conoscenza va a buon fine ed entrambi hanno interesse nel rivedersi, lui la inviterà a cena e lei acconsentirà. Arriva il primo appuntamento, Marco si impegna a dare a Giulia l’immagine che lei si aspetta, forte, affidabile e “caldo” e lei risponderà apparendo bella, attraente, e seria. Ciascuno si aspetta qualcosa dall’altro e la danza continuerà per confermare all’altro di aver trovato quello che cerca. Ricordi le sensazioni del tuo primo appuntamento? Chissà quanto erano forti!Seconda fase: l’innamoramento
Quando ci si accorge di aver trovato la persona che corrisponde ai propri desideri si entra nella seconda fase. Alcuni segnali fisici lo dimostrano… eccitazione costante, insonnia, inappetenza, tanta energia. Oltre all’eccitazione ad alla passione emergono comportamenti calmanti e accudenti: abbracciarsi, avvicinarsi, tenersi per mano, rassicurarsi; aumenta l’intimità fra i due a livello fisco e psicologico. Marco e Giulia sono un punto di riferimento ciascuno per l’altro. Si raccontano il proprio passato, condividono pensieri più intimi, sono un rifugio emotivo ed in questo modo continuano a sondare la disponibilità dell’altro ad impegnarsi, mentre si cercano sia per il piacere che per cercare conforto. È quella fase in cui ti sarai sentito/a con la testa fra le nuvole, pensando sempre a lui/lei mentre iniziavate a svelarvi l’un l’altro.Terza fase: l’amore
Marco e Giulia iniziano ad amarsi, sono sempre più importanti l’uno per l’altro sempre più intimi e ciascuno rappresenta il rifugio sicuro, cresce la fiducia reciproca e l’affetto. Non cercano soddisfazione solo nei rapporti sessuali, che diminuiscono di frequenza, ma cercano anche altro, servono sempre più calore e comprensione. La qualità del legame è diversa, la separazione crea ansia, non vedersi e sentirsi fa soffrire. Questo è il momento in cui si sceglie di vivere insieme e fare un figlio. È il momento della costruzione della fiducia.Quarta fase: vita quotidiana e attaccamento
A questo punto la storia cambia ancora. L’interdipendenza è cosi forte che ciascuno dei due cerca meno l’altro e si orienta più verso la vita quotidiana: i figli, il lavoro, la casa. Il legame è più simile ad un impegno., ma ha una base emotiva e fortemente affettiva. I partner sanno che resteranno insieme per tutta la vita e qualcuno anche al di la della vita. Ognuno rappresenta la base per l’altro per potersi muovere, viaggiare, lavorare. Tutto è fatto con la sicurezza che l’altro c’è e questo permette di potersi allontanare se si sta bene, anche per vivere i propri spazi di autonomia e libertà, per mantenere le differenze con rispetto e amore. Col passare del tempo si inizia conoscere le evoluzioni di ciascuno, man mano che le fasi della vita si susseguono. Ci si può allontanare quando si sa di poter tornare trovando sempre l’altro, è la sua presenza che rassicura. Questo permette a Marco e Giulia di vivere una vita insieme dove ognuno mantiene le proprie differenze, gli interessi le amicizie e rispetta gli spazi dell’altro e insieme continuano a crescere. Quando il legame di coppia non attraversa tutte queste fasi ma si ferma ad una delle precedenti diventa difficile mantenere un equilibrio fatto di libertà e sicurezza, impedendo cosi alla persona di vivere ed evolvere. La quarta fase fornisce un senso di sicurezza e fiducia che è profondo e liberante. Un legame basato solo sull’eccitazione iniziale non ha spazio o strumenti per la fiducia e la libertà dell’altro. Quando ci si ferma alle fasi precedenti c’è qualcosa che impedisce l’evoluzione ed il legame non è sano. E tu in che fase pensi di essere? Come hai vissuto ciascuna di esse?
Psicoterapeuta individuale e di coppia -
Il labirinto della rabbia.
Cosa c’è dentro il conflitto di coppia?15 marzo 2015 - pubblicato sul web
Quando sei arrabbiato o arrabbiata fai fatica a contenere un’ondata di energia che cerca una via di sfogo attraverso un’azione: gridare, lanciare oggetti, cercare la colluttazione. Quando sei in collera hai la tentazione di canalizzare questa energia contro la persona che ha suscitato la tua ira, aggredirla, nuocerle e ferirla. La tua parte istintuale prende il controllo e la mente riflessiva perde efficacia: insieme alla calma puoi ritrovarti a non avere più la capacità di prevedere le conseguenze e valutare alternative.
Le sfuriate possono logorarti, privare la relazione di coppia di quella complicità essenziale per la sua sopravvivenza. Ma perché ci arrabbiamo allora? Vediamolo nel concreto.
Quando il partner fa o non fa qualcosa, l’altro dá un’interpretazione, una spiegazione dei suoi comportamenti. E’ così che diamo un senso a ciò che vediamo e sentiamo, facendo delle inferenze sull’intenzione di chi ha emesso quel comportamento, su qual’è la sua considerazione per relazione di coppia e sul suo grado di coinvolgimento in essa. Ed è proprio questa lettura dei comportamenti del partner che ci fa arrabbiare, o sarebbe più funzionale dire che ci arrabbiamo poiché vediamo un certo significato in quelle azioni.
A volte alcuni automatismi del pensiero, ci restituiscono un’immagine deformata della realtà e delle intenzioni del partner. Le distorsioni più comuni sono: la generalizzazione, la lettura della mente e la personalizzazione. Generalizzando, puoi prendere spunto da uno o pochi elementi per trarre la conclusione che il partner abbia una modalità negativa tipica e caratterizzante. Attraverso la lettura della mente tendi a dare per scontato, senza verificare, di conoscere cosa l’altro pensa, sente e vuole; allo stesso modo ti aspetti che l’altro sappia quello che tu pensi, provi e vuoi, senza bisogno di dirlo. A volte infine puoi avere la tendenza a pensare che l’altro agisca per dimostrarti qualcosa, non considerando che a volte si agisce sull’onda di altri fattori motivazionali. Più diventi consapevole di come pensi, più sarà facile evitare le “trappole” dell’interpretazione.
Alla base poi, ogni interpretazione è soggettiva, e non per questo meno importante; quindi è fondamentale tenere presente che ci sono modalità di relazione intollerabili per qualcuno mentre per altri assolutamente auspicabili.
Laura e Will convivono da 2 anni. Will è di origini irlandesi ed ha deciso di fare un viaggio a Dublino per ritrovarsi con amici e parenti. Acquista un biglietto solo per sé. Laura si sente tagliata fuori, abbandonata e va su tutte le furie, inizia un conflitto lacerante che mette in dubbio il senso dello stare insieme. Se al posto di Laura ci fosse Giorgia, magari sarebbe felice di poter evitare l’ennesima riunione di famiglia, già sopporta mal volentieri quelle con i suoi parenti, figuriamoci se vuole prendere parte a quelle del marito. Giorgia si sentirebbe in sintonia con Will e non ci sarebbero rancori. L’atteggiamento di Giorgia non è “più corretto” di quello di Laura o viceversa, semplicemente hanno aspettative diverse sulle caratteristiche della relazione di coppia ideale.
Nel corso della tua storia hai strutturato un’idea rispetto ai comportamenti desiderabili del tuo\della tua partner ed hai una certa visione di cosa vuol dire amare ed essere amata\amato; le aspettative non sono in genere consapevoli ed è più facile rendersi conto della loro esistenza proprio nel momento in cui non trovano un’adeguata rispondenza nella realtà dei fatti; la quotidianità del rapporto non è come te la immaginavi e alcune delle tue aspettative sono destinate a restare deluse. Il confronto tra il tuo prototipo ipotetico e quello che vivi nella relazione, potrebbe generare un braccio di ferro estenuante, in cui utilizzare la rabbia e l’aggressività per spingere l’altro ad incarnare il tuo ideale o per possederlo e controllarlo; queste modalità si attivano in maniera automatica quando sei frustrato nei tuoi bisogni, e piuttosto che un avvicinamento, determinano, nel tempo, un inaridimento emotivo e sommano insoddisfazione ad insoddisfazione. Sta a te scegliere se trasformare il tuo rapporto in un ring, oppure prendere consapevolezza delle differenze individuali e lasciar andare il rancore.
A volte la rabbia è un modo per mettere distanza, per non gustare ciò che di buono c’è nel legame: il riflesso di una difficoltà nell’affidarsi all’altro e sentirsi profondamente connessi. Quando infatti il “senso del noi” è saldo e tangibile per entrambi i partners, i difetti e le imperfezioni potrebbero apparire come piccoli o grandi “nei”sul corpo della persona che amiamo. Ma se manca questa sensazione intima e intensa di “appartenersi”, le incomprensioni e le mancanze diventano degli stagni scuri in cui in cui la complicità e l’affiatamento vengono inghiottiti dal disprezzo e dal risentimento.
Se la distanza è incolmabile, se il partner non è rispettoso di te, forse è davvero solo la rabbia a tenervi uniti, e nel momento in cui si sospende l’attesa di un cambiamento dell’altro e vengono meno gli scontri in battaglia, può apparirti chiara l’inconsistenza di un rapporto che produce infelicità e dolore.
Alla luce di quanto detto finora, osservati e prendi consapevolezza di cosa c’è sotto il livore e il conflitto di coppia; potresti avere bisogno di sostegno, di un occhio esterno che ti aiuti ad osservare le dinamiche relazionali disfunzionali, ma non scoraggiarti, non credi sia il momento di essere felice?
Dott.ssa Arianna Ascenzi
Psicoterapeuta individuale e di coppia -
Mi stai troppo vicino?! La paura di essere invaso dall’altro.
20 gennaio 2017 - pubblicato sul web
Nella relazione con il tuo partner puoi sperimentare una serie di emozioni e sensazioni che influiscono sul vostro stare insieme e che talvolta non ti riesci a spiegare e sono incomprensibili anche a te. Ad esempio, c’è chi si infastidisce se l’altro si avvicina troppo e ha la sensazione di doverlo tenere alla giusta distanza per sentirsi a proprio agio, per non sentirsi invaso. Ti è mai capitato di sentirti cosi? Di sperimentare la paura che l’altro si avvicini troppo a te?
In questo caso l’emozione è la paura, la paura di essere invaso, che lui/lei entri in territori troppo intimi perché tu possa starci comodo. Ti capita di notare che il tuo livello di agitazione o di allerta si alzano e ti senti stretto nella situazione? Inizi a mettere dei confini, a trovare modi per tagliare le conversazioni, smorzare il clima caldo, i suoi gesti di affetto non sono fonte di piacere e magari a questi rispondi con battute sarcastiche e senza accorgertene lo/ la tieni alla giusta distanza. Di solito il partner che si avvicina, non comprende fino in fondo che cosa ti stia succedendo all’altro/a: “Alla fine siamo sempre andati d’accordo e proprio ora che mi sentivo più intimo!” oppure “proprio ora che le cose si stavano sistemando e stabilizzando, che avevamo il nostro equilibrio…” questi sono esempi di frasi che tipicamente si dicono quando l’intimità e la vicinanza nella coppia crescono e uno dei due partner inizia a sentire una sensazione di fastidio, di irritabilità. Ha paura di essere invaso e quando l’altro si avvicina. In questi casi, di solito, nascono conflitti che quasi mai portano ad una soluzione o a far emergere la vera causa del problema, la radice più profonda. Si possono instaurare dei circoli viziosi che portano in un vicolo cieco.
Si instaura una dinamica in cui uno fugge e l’altro insegue. Oppure chi vorrebbe fuggire (per evitare la vicinanza e l’invasione) attacca (così evita ugualmente). La paura dell’invasione può essere legata a tre cause principali:
- l’altro partner è effettivamente troppo “invadente”, o pressante, per cui interviene su ogni aspetto della vita dell’altro, cerca di controllarlo o di uniformarlo a sé. In questi casi la paura è un segnale di allarme per qualcosa che effettivamente non va bene, è troppo da tollerare e mina l’autenticità, la spontaneità, la libertà e di conseguenza l’intimità. Il desiderio dell’altro che “due diventino una cosa sola” è una vera e propria minaccia da cui scappare perché significherebbe rinunciare ad essere sé stessi per rassicurare l’altro.
- Un secondo caso di paura dell’invasione, invece, ha a che fare con la propria personalità, col proprio modo di vivere le relazioni e l’intimità. Intendo dire che alcune persone provano questa paura anche se il partner non è invadente. In questi casi chi “ha paura dell’invasione” di solito non si avvicina mai troppo al partner, resta chiuso in sé, non mostra quanto ci tiene all’altro, si isola. La motivazione fondamentale di essere feriti per aver condiviso la propria intimità, o di essere rifiutati o annullati.
- Oppure alcune persone iniziano ad aspettarsi la relazione perfetta, o cercano ossessivamente il partner perfetto che corrisponde ad una serie di immagini ideali, o lo crecano sempre nel posto sbagliato... ma non arriva mai. Se fai questo, aspettando che arrivi questo partner “senza difetti”, nel frattempo nessuna relazione vissuta sarà sufficientemente intima! E quindi almeno ti sarai mantenuto alla giusta distanza protettiva per non correre il rischio di essere toppo vicini e quindi invaso/a!
Un altro comportamento che mette in atto chi ha paura dell’invasione è isolarsi pensando che non è poi cosi importante piacere a qualcuno, da solo stai bene lo stesso, e magari ti fidi solo di te! nello stesso tempo non puoi mostrare se ci tieni all’altro… Insomma quando questa paura diventa pervasiva condiziona il tuo modo di vivere le relazioni, per cui può accadere che per paura dell’invasione e della vicinanza dell’altro diventi controllante, metti in atto comportamenti aggressivi con il tuo partner, o svalutanti o evitanti. Cosi il rischio che corri è di perderti pezzi della tua vita ed emozioni che potrebbero essere molto belle, positive e arricchenti, e che sperimenti solo nell’incontro autentico e libero con l’altro.
Quando queste paure sono più forti di te, ti portano a prevenire la sofferenza, alzare delle barriere difensive assicurandoti di non farti male entrando in intimità con un partner. Ciò significa che in qualche circostanza avrai imparato che “bisogna stare attenti e non abbassare la guardia…” e che “l’intimità è pericolosa” , per cui senti di non poterla gestire. Le cause di questo livello di paura sono da ricercare nella propria storia personale, è questa che ci forma e ci insegna a stare nelle relazioni, in particolare quelle affettive.
Quello che puoi tornare a riconsiderare della tua vita, è che non sempre l’altro è pericoloso e l’invulnerabilità è una illusione, alle ferite c’è sempre un rimedio. Anche aprendoti potrai sopravvivere e gustare il sapore di lasciarti vedere per come sei nel profondo, calibrando e valutando gradualmente il comportamento dell’altro anziché difenderti apriori! Permettendo all’altro di vederti autenticamente e scambiarsi un affetto autentico. Tu da che parte senti di essere? Quanto pensi di aprirti all’altro e di godere della vicinanza?
Dott.ssa Antonella Troilo
Psicoterapeuta individuale e di coppia